mercoledì 14 ottobre 2020

Letteratura del contagio: Glenn Cooper e Robert Harris

Virus, apocalissi, pestilenze, umanità imbruttita e decimata. I titoli 2020 in letteratura sembrano convergere sulle paure comuni amplificate dall’annus horribilis che ci stiamo accingendo a terminare. Due autori di punta, Glenn Cooper e Robert Harris, sono arrivati con perfetto tempismo in libreria a ricordarci che, per dirla alla Troisi, “dobbiamo morire”. Lo fanno in maniera differente, il primo con “Tabula Rasa” dove una pandemia provocata dall’insensatezza umana mette a rischio la sopravvivenza della specie. Il virus, che attacca le cellule cerebrali, riduce gli individui a dei manichini, che rispondono solo agli istinti primordiali. Per fortuna, perché comunque in molta letteratura nordamericana mainstream la speranza è un must, c’è chi è immune al virus e che farà di tutto per salvare l’umanità (Jamie Abbott, medico sperimentatore in grado di sviluppare il vaccino). Cooper scrive per il lettore, con molto mestiere. Dispone di ritmo e grande capacità descrittiva, sacrifica a sorpresa alcuni protagonisti e giunge a un epilogo che è una sorta di compromesso tra la necessità di un happy ending e le finalità personali di chi scrive.

Veniamo ad Harris e a “Il sonno del mattino”. Ottocento anni dopo l’Apocalisse, l’umanità vive un nuovo Medio Evo e si è organizzata (in Inghilterra, dove è ambientata la storia) attorno a una monarchia fortemente condizionata da una potente chiesa cristiana dogmatica e totalitaria. Christopher Fairfax, giovane sacerdote, viene inviato dal vescovo di Exeter a eseguire le esequie di un parroco di campagna. Nella piccola comunità di Addicott St. George il prevosto viene a conoscenza di alcuni documenti appartenuti agli Antiquari, una società segreta che si dedica a riscoprire la tecnologia degli Antichi (cioè la nostra civiltà), messa al bando dal bigotto e potente clero. Scienza contro religione, conoscenza contro ignoranza e perché no, la barbarie opposta alla civiltà, Harris si inoltra nel terreno del millenario conflitto tra la fede e la ragione. L’Apocalisse, avvenuta nel 2025, anno che poi viene cancellato e sostituito da quello profetico del 666, funziona da spartiacque per il proseguimento della civiltà e per le colonne che la sostengono.

Non tiriamo in ballo “Fatherland” o “La spia e l’ufficiale”, che rimangono le vette della scrittura di Harris. “Il sonno del mattino” è un discorso a parte. Lento nell’evolversi degli avvenimenti, in bilico tra thriller e giallo psicologico, si propone di scavare nell’animo umano, nel riproporsi di certe fruste situazioni che raccontano quelle che sono le nostre miserie. Il nodo è: ottocento anni dopo l’Apocalisse, l’umanità avrà imparato la lezione? La risposta data da Harris è un punto di vista categorico che, naturalmente, viene rivelato nelle ultime pagine del romanzo.  

Letture: Robert Harris, “Il sonno del mattino”, (Mondadori, 2019). Titolo originale: The Second Sleep. Glenn Cooper, “Tabula rasa”, (Nord, 2020). Titolo originale: Clean.

In musica: “Second Coming”, The Stranglers, 1981.


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