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giovedì 29 ottobre 2020

"NYC", Fuzztones: un portale aperto sul passato

Il nome dei Fuzztones rievoca in me ricordi di un’altra vita e di altri tempi. Ho condiviso con loro la passione eterna per il garage e anche di più: palchi, tour, concerti, esperienze comuni in nome della musica. Poi, passato l’oceano per me è stato come entrare in un universo nuovo, quasi un pianeta lontano anni luce dai giorni del rock’n roll in giro per l’Europa. Gli anni Ottanta e quello che comportavano sono sbiaditi nella nebbia.

In queste condizioni l’ascolto di “NYC”, l’ultimo lavoro dei Fuzztones, è un portale che si apre con voracità sul passato. La scelta di Rudi Protrudi per celebrare i 40 anni della band è sì un tributo al garage e alla propria storia personale, ma è soprattutto il riportare sul banco degli imputati i protagonisti della scena di New York, quelli degli anni migliori. Ramones, Wayne County, Heartbreakers, Dead Boys, Cramps, Patti Smith, Mink De Ville, New York Dolls ottengono qui celebrazione e omaggio. Pezzo dopo pezzo, “NYC” ridà vita a certi riti adolescenziali, come quello della fervente attesa di dischi rivelatisi poi linfa vitale e come quello del primo ascolto, che confermava la comunione di estetica e bellezza con i tuoi artisti preferiti.  

New York all’epoca era lontana e la sua eco musicale era quella del centro del mondo che noi cercavamo di imitare. Suoni grezzi, reali, dalla strada al palco, in un percorso tortuoso dove poteva accadere di tutto. Le esperienze personali correvano sulla linea polverosa e storta del jack che dalla chitarra andava all’amplificatore. La nostra provincia, umida e schifiltosa, diventava New York (e pure Londra) grazie all’abbinamento Telecaster e Vox. I Fuzztones, in questo album, suonano una manciata di cover sulle quali prima o poi ci siamo avventurati anche noi con i nostri pochi mezzi e trasudano il freddo delle cantine e l’odore operaio del metallo delle corde e dei microfoni. “NYC” è da ascoltare senza pause, a pieno volume. A me sono piaciute in particolare “53rd & 3rd”, “Transmaniacon MC” – Blue Oyster Cult!-, “New York New York”, “Dancing Barefoot” le cui trasposizioni rivelano ancora una volta il linguaggio universale del garage.

 

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