Visualizzazione post con etichetta Bob Dylan. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Bob Dylan. Mostra tutti i post

martedì 8 dicembre 2020

Bob Dylan, saldi di fine stagione

 

Bob Dylan che (s)vende il lavoro di una vita –il catalogo si chiama adesso- alla Universal Music è la mesta immagine della fine di un’epoca. La nostra epoca, nello specifico, quella sofferente ma ottimista di chi oggi ha passato il mezzo secolo e che ha avuto Dylan come cantore e testimone. La vendita di un patrimonio artistico e culturale al miglior offerente (ma non era meglio affidare il tutto a una Fondazione?), significa che possiamo sbaraccare e accomodarci fuori dalla porta: non è più il nostro mondo. La musica è merce, ha un prezzo, l’avevamo capito da un pezzo, ma c’è nel gesto di Dylan un significato più profondo per ciò che l’artista ha rappresentato. Le lotte, i movimenti di protesta a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, gli avvenimenti decisivi o simbolici di quegli anni (l’assassinio di Kennedy, la guerra del Vietnam fino alle storie semisconosciute come quelle di Rubin Carter o di Emmett Till) sono stati colti dalla lirica di Dylan e definiti, scolpiti per rimanere nel tempo. Dylan ha cantato l’America cogliendone il lato oscuro, le contraddizioni, schierandosi che volesse o no con il dissenso, facendosi latore della voce dell’antagonista alle posizioni ufficiali e conformiste. Basta un gesto, però, per rimettere tutto in discussione, sessanta anni buttati nel cesso. Canzoni come “The Times They Are a-Changin’” o “Blowin’ in the Wind” –per citarne due famose- diventano ora il paradosso di se stesse e potremmo riascoltarle in una nuova chiave, appunto, al passo con i tempi che cambiano. Svuotate, ovviamente, del loro significato originale.

Bob Dylan svende, e non vende, proprio perché la sua musica ha un valore inestimabile e qualsiasi prezzo che si sia pagato per essa (300 milioni di dollari?) è irrilevante. E suppongo, sia irrilevante anche per Dylan, dal quale non sapremo mai la motivazione che l’ha spinto alla cessione. Il catalogo (adeguiamoci ai tempi e chiamiamolo così) sarà a disposizione per jingle, saghe commerciali, sottofondo per aeroporti, diventerà colonna sonora nei supermercati, dosato secondo le necessità del mercato e dalle opportunità in termini di soldoni che rappresenta per la multinazionale. Alla Universal dicono che gestiranno il materiale acquisito con grande responsabilità. Sarà così? The answer, my friend, is blowin’ in the wind.

 

In musica: Absolutely Sweet Marie, versione di Jason & The Scorchers, 1984.

Le città italiane, luna park del turismo

Il comune di Venezia ha annunciato che, a partire da aprile fino a luglio, in certe date stabilite –ventinove in tutto- sarà necessario paga...