mercoledì 10 febbraio 2021

Da Torino, tracce di suoni dagli anni Ottanta

A proposito di dischi dimenticati, mi è capitato tra le mani in questi giorni “Tracce 85”, progetto che nacque da un’idea di Massimo Scabbia, legato alle onde sonore di Radio Popolare ed in forza anche al “Buscadero”. Era una compilation territoriale, dedicata ai gruppi del Torinese. Una “battle of the bands” come si annunciava già dalla copertina, ma una battaglia eterogenea in quanto ad indirizzi musicali. I gruppi, in ordine di solco, erano: Sick Rose, Carl Lee & The Rhythm Rebels, Aqua, Psycho Farm, Double Deck Five, Party Kidz, Prostitutes, Blutgruppe e Politburo. Il disco è rimasto una testimonianza diretta della scena di quegli anni (“Tracce 85” era il proseguimento di un altro “Tracce”, pubblicato l’anno anteriore), vivace e irripetibile di una generazione di musicisti che il fato riunì nello stesso periodo nella stessa città. Si raschiava da tutti i generi, dove era evidente però la dicotomia tra chi amava certe sonorità chitarristiche che ruotavano tra la swinging London degli anni Sessanta e l’America della provincia e chi invece si votava alla wave, new, elettronica o post che fosse. 

Torino era città sacra in quel momento, capace di mostrare differenti facce e di votarsi a molteplici santi. Sulla ferrovia subalpina correvano due treni destinati a non incontrarsi mai, espressione comunque delle anime di una città industriale, dalle periferie pesanti, il clima inclemente e dal disagio profondo profondo. In fondo, la Fiat faceva ancora da riferimento per le lotte sindacali e la stagione del terrorismo zoppicava sugli ultimi singulti.  

A Torino, musicalmente, si fecero cose importanti in quegli anni. Il decennio Ottanta meriterebbe fiumi di inchiostro perché mai una scena fu tanto dinamica quanto poco fortunata. Probabilmente perché si dava alla musica un valore intrinseco, molto qualitativo e poco quantitativo o, almeno, capace di monetizzare tanta attività. Basta ascoltare il disco, che scorre ancora oggi con una leggerezza assoluta: possiede brio e un certo ineffabile incanto.

Veniamo ora al personale. Due ragioni mi legano a questo disco. Il pezzo che registrammo (“Things Gettin’ Better”, cover del gruppo texano Kenny & The Kasuals) era una bomba che avevo l’onore di introdurre con un giro nervoso di basso distorto dal fuzz. L’ho sempre considerata un inno, al futuro prossimo venturo e alle grandi cose che avremmo potuto fare. E quell’intro che graffiava i solchi era anche il mio esordio su vinile. Nelle prime registrazioni con i Sick Rose non c’ero; nel pezzo su “Eighties Colours” suonava il basso Davide Forno, che sostituii proprio in quel periodo. L’altro dettaglio sta nella copertina. Nella foto, infatti, appare parte della nostra strumentazione di quei giorni: un amplificatore Vox, una Hagstrom e la Squier Telecaster da poco comperata (modello 1983, e che ho ancora oggi in mio possesso assieme alla custodia nella foto).

Per approfondire: libro “Everybody Wants to Know” e disco (“Shaking Street”) sul sito di Area Pirata: http://www.areapirata.com/dettaglio.php?cod=5310

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