Girolamo Benzoni non aveva una grande considerazione degli Spagnoli. Forse perché, quando cominciò la sua avventura in America, Carlo V, sempre più padrone dell’Italia, stava entrando trionfalmente nella sua città, Milano. È il 1541, Benzoni, 22 anni, ha tanta voglia di viaggiare e di lasciarsi le questioni europee alle spalle. Parte alla volta della Spagna e raggiunto il porto di Sanlúcar de Barrameda, si imbarca per le Indie occidentali dove rimane fino al 1547. Cosa succede in quegli anni ce lo racconta proprio lui quando, già maturo, ha rimesso radici in Europa. In particolare, nel 1565 pubblica a Venezia “La historia del mondo nuovo”, il suo diario su quello che ha visto e vissuto nei possedimenti spagnoli d’oltremare.
Il testo va immediatamente a ruba. In Europa c’è fame di sapere cosa accade dall’altra parte dell’Atlantico e la propaganda spagnola, che propone versioni edulcorate della Conquista, sebbene trovi più critici che sostenitori, è quella che fa testo. “La historia del mondo nuovo” viene quindi da subito considerata un’opera che, se non proprio completamente obiettiva, racconta una versione alternativa alla narrativa spagnola. Dei tre tomi in cui è suddivisa, il secondo è quello che attrae l’attenzione, quando Benzoni –dopo essersi dilungato su osservazioni naturalistiche- racconta le proprie avventure personali che lo portano da Acla all’attuale Panama. La sua descrizione di Ciudad de Panamá, che gli Spagnoli definiscono pari a Venezia, è quella invece di una città dal ridotto traffico commerciale dove approda una quindicina di navi all’anno, un porto abbastanza misero, composto da 120 case “cerchiate di canne e parte di legnami e quasi tutte coperte di coppi”. L’abbondanza d’oro di cui si parlava nei primi anni della Conquista è già scemata: “gli Spagnuoli hanno consumato ogni cosa” scrive, annotando come il conflitto con gli indigeni sia tuttora vigente e il luogo pericoloso.
Per toccare con mano, Benzoni si
avventura in una spedizione che ha come scopo quello di esplorare la regione di
Suerre, nell’attuale Costa Rica. A guidarla è Diego de Gutiérrez, nobile
castigliano, primo governatore della provincia di Nueva Cartago. La storia è
conosciuta. Il governatore fonda Santiago, sulle sponde del Reventazón, la
abbandona per un luogo ritenuto più sicuro e quindi, dopo aver ricevuto la
visita dei cacicchi Camaquiri e Cocorí, li fa imprigionare per chiedere un
riscatto. Gli indigeni si ribellano e fanno terra bruciata attorno agli
Spagnoli. In fuga per le montagne del massiccio del Chirripó, gli europei
vengono raggiunti e sopraffatti. Gutiérrez viene ucciso e Benzoni si salva per
miracolo, riuscendo a raggiungere la costa e a imbarcarsi di nuovo per Panama e
quindi per la provincia del Guatemala.
Benzoni, per tutta la narrazione, non riesce a prendere le parti degli Spagnoli. È turbato dal loro comportamento e si fa portavoce del punto di vista degli indigeni. Conversa con un cacicco e ne riporta le sue opinioni sui cristiani: “dimandano oro e argento... non vogliono lavorare, son bugiardi, giocatori, perversi e bestemmiatori”. Allo stesso tempo dà una vasta descrizione degli usi e costumi dei vari popoli ed è grazie a lui che sappiamo che le genti di Cocorí dalla lingua “buonissima da imparare”, chiamano “cici” gli uomini e la Terra “Ischa”. Benzoni si sofferma sulla fauna atlantica, ricca di “porci montesi e tigri ferocissimi” e popolata da un’infinità di pipistrelli che obbligano i soldati a dormire fasciati per non essere morsi durante la notte. Fornisce anche dei disegni che ci mostrano alcuni aspetti della vita degli indigeni: la raccolta delle arachidi, i balli, le capanne, la cura del fuoco, il modo di pescare.
Nonostante le disavventure
militari vissute, Benzoni non parteggia per gli Spagnoli, che reputa crudeli (il
più crudele tra i popoli, addirittura) e rosi dall’avarizia. “La historia del
mondo nuovo” viene a confermare il dissenso espresso da Bartolomé de Las Casas
che nel 1552 aveva pubblicato “Brevíssima relación de la destruyción de las
Indias” trattato che fustigava i metodi usati dall’Impero spagnolo nel suo
processo di conquista. Benzoni prosegue su quello stesso cammino. Nel suo libro
sembra voler darci una descrizione imparziale del Nuovo Mondo ma poi, mano a
mano che ci inoltriamo nella lettura, la narrazione cambia e ne viene fuori un
atto di accusa contro i metodi degli Spagnoli. Denuncia apertamente l’ipocrisia
della carità cristiana che camuffa maldestramente il processo di spoliazione di
una regione tanto vasta quanto ricca. I vanagloriosi Spagnoli “dicono che son degni di gran laude perche
hanno convertiti e fatto christiani tutti gli popoli” scrive Benzoni, ma
per mezzo di “dispietate crudeltà che
hanno usato fra di loro”. E non si salva nessuno: soldati, governatori,
preti, tutti partecipano al grande gioco del saccheggio. Per chi volesse
approfondire, oltre al testo originale consigliamo “Un milanese nel Nuovo Mondo.
Le Indie di Girolamo Benzoni” di Carlo Angelo Tosi, edito da Edizioni Saecula
(2017).
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