La censura non è nulla di nuovo, ma facciamo bene ad indignarci di fronte a operazioni come quella della Puffin Books nei confronti delle opere di Roald Dahl o della Blossom Books olandese nei riguardi della “Divina Commedia”. (https://maledettitropici.blogspot.com/2021/07/non-toccate-lislam-sacrificate-dante.html). Alzare la voce è un dovere morale contro le derive. Si tratta di corsi e ricorsi storici, ispirati da fascismi, nazionalismi, totalitarismi o, nei nostri tempi, anche dalla tirannia imposta dalle corporazioni che mascherano proficue operazioni commerciali con il falso proposito di proteggere le minoranze.
L’esperienza ci insegna
che nessun testo è immune dall’imbecillità. Alla censura non scappò nemmeno
“Cuore”, un testo amato da generazioni di studenti e all’apparenza innocuo, che
però divenne inviso al governo argentino. Il libro di De Amicis venne edito in
questo paese sudamericano nel 1887 e andò subito a ruba tra gli emigrati
italiani. L’autore era stato in Argentina tre anni prima per tenere una serie
di conferenze sul Risorgimento e al suo ritorno in Italia aveva scritto differenti
articoli sulla realtà dei compatrioti emigrati. De Amicis era uno dei pochi che
narravano le vicende di quella umanità brutta sporca e cattiva, che l’Italia
aveva espulso per manifesta incompetenza a poterla impiegare. Ci scrisse un
libro straziante (https://maledettitropici.blogspot.com/2021/06/il-romanzo-poco-epico-dellemigrante.html) e periodicamente tornava a incidere con la
sua penna sulla questione. La sua popolarità in Argentina, dove al tempo vivevano
già due milioni di italiani, era alle stelle. Avvenne che, grazie al suo
successo e con il sistema educativo agli albori, “Cuore” venne adottato nel 1894 come libro di testo
delle elementari. Presto, al ministero si resero conto di aver fatto un errore.
“Cuore” infatti celebrava lo spirito patriottico italiano, racchiudeva tra le
sue righe l’esaltazione del processo d’indipendenza e, in generale, faceva
sentire i nostri connazionali orgogliosi della patria lontana. Tutto il
contrario di quanto si era prefissato il governo locale, che contava sulla
scuola per cementare il sentimento nazionalista della giovane repubblica
rioplatense, formata da genti tanto diverse tra loro. La scuola doveva
integrare, creare l’argentino del futuro e non lodare lo straniero.
Così, “Cuore” si trasformò da
libro scritto per la gioventù in un testo sovversivo. Presto la politica lo
additò come nemico della coscienza nazionale argentina. Anche l’amico deputato
Zevallos (citato in un passaggio del libro) prese le distanze da De Amicis:
l’Argentina rischia di diventare “una
nación que no tendrá lengua, ni tradiciones, ni carácter, ni bandera” scrisse.
Tra i più acerrimi avversari della sua diffusione ci fu l’ex presidente della
Repubblica Domingo Sarmiento, che era anche scrittore e giornalista. Sarmiento
diede vita a una campagna per sopprimere la presenza di “Cuore” nelle scuole,
libro che additava addirittura come cavallo di Troia per future pretese
italiane su porzioni del territorio argentino (e citava come esempio gli
inglesi e le Malvinas).
In questo contesto, “Cuore” fu
ritirato dalle scuole. Ma non per molto. Ben presto ci si rese conto che non
esisteva un testo con le caratteristiche del libro di De Amicis e si pensò di reintrodurlo
tramite la formula della censura.
Gli autori Germán Berdiales e
Fernando Tognetti diedero vita a una profonda revisione del libro di De Amicis,
da cui nacque “Corazón. Traducción y
Adaptación para los niños argentinos”. Destinato alle scuole, il nuovo
testo stravolse l’originale, con il proposito di fomentare nei bambini il senso
di appartenenza alla nazione che, in moltissimi casi, li stava accogliendo per
farne degli argentini a tutti gli effetti. Secondo la tesi presentata
nell’introduzione, “Cuore” originale era sì un’opera ammirevole, ma non consona
alla sensibilità dei bimbi argentini. Berdiales e Tognetti mantengono
inalterata la struttura del romanzo, ma lo rielaborano al gusto locale, a
cominciare dal nome dei protagonisti: Enrico diventa Enrique, Franti è Franco,
Coretti Correa, Robetti Roberts, in una libera traduzione che vuole garantire
il multiculturalismo della società argentina. Gli avvenimenti storici italiani
vengono mutati a favore di quelli argentini: non si commemora Vittorio Emanuele
II, ma il generale Belgrano; Garibaldi scompare a favore di San Martín, l’eroe
dell’indipendenza dalla Spagna. Non solo. I modelli dei giovani eroi, la cui
origine geografica era servita a De Amicis a tracciare lo spirito
patriottistico che pervadeva la nuova generazione italiana dalle Alpi alla
Sicilia, sono modificati: il piccolo scrivano fiorentino diventa el pequeño copista rosarino, la piccola
vedetta lombarda muta nel pequeño
observador tucumano, il tamburino sardo si trasforma nel tamborcito salteño.
L’opera di Berdiales e Tognetti
non fu l’unico tentativo di sostituire l’impianto originale di “Cuore”. L’insegnante
Carlota Garrido De La Peña lo aveva già fatto nel 1913 con “Corazón argentino”, che venne utilizzato
come libro di testo nelle scuole elementari argentine ed ebbe sei riedizioni.
La censura durò fino alla fine degli anni Quaranta dello scorso secolo quando,
ormai stabilizzato il processo nazionalista, gli argentini ritennero di
restituire “Cuore” alla sua versione originale, con tante scuse a De Amicis e a
quanti avevano creduto che il piccolo patriota padovano fosse invece un
ragazzino di San Luís.
Su tutta la vicenda, lo studioso
Giovanni Albertocchi dell’università di Girona, ha dedicato un esauriente
lavoro sui Quaderns d’Italià (26, 2021).
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