Una volta scrivevamo a mano. E
non era nemmeno troppo tempo fa. Lo stile di scrittura era qualcosa che si
curava, a cominciare dagli esercizi di “bella calligrafia” che la maestra ci
propinava a partire dalla seconda elementare, comminati con regolare scadenza
settimanale. Questo perché scrivere bene, e soprattutto scrivere in maniera
comprensibile, definiva la personalità di ogni individuo nella sua futura età
matura. Non si trattava della conseguenza di un retaggio (nell’800 il tipo di
scrittura veniva imposto e doveva perfino adattarsi al tipo di professione
svolta da una persona) ma di una buona pratica, un’attività capace di stimolare
il nostro cervello. Allora, si scriveva con la penna stilografica e bisognava
munirsi di carta assorbente nel caso, non improbabile, che gli sbuffi di
inchiostro potessero macchiare il nostro foglio. Gli errori non erano permessi,
a costo di lasciare macchie strepitose che valevano i rimbrotti della maestra e
un po’ di personale, sana, stizza.
Una piccola arte, insomma che ci insegnava a non essere maldestri e ad abituare la nostra materia grigia ad abbinare le parole scritte alle immagini vive. Soprattutto, ci permetteva di pensare e di concentrarci. Nel mio caso, un’abitudine che continua ancor ora, eredità di un’epoca dove la tecnologia si limitava alla televisione in bianco e nero e al telefono a cornetta. Sulla mia scrivania veleggiano ancora decine di fogli riempiti rigorosamente a matita con idee, riflessioni, calcoli, numeri di telefono, trame, indirizzi.
La tastiera e lo schermo, pratici
e funzionali quando si tratta di ridurre i tempi, hanno un limite: sono freddi
e impersonali. Scrivere a mano, invece, alimenta la fantasia. E la fantasia ha
bisogno di essere curata, necessita di tempo e dedizione. Se ne trova riscontro
quotidiano nelle vacillanti composizioni di ragazzi e ragazze che hanno
sviluppato l’estensione e la velocità dei pollici a scapito delle capacità
espressive. Insomma, il processo cognitivo si è arenato, la scarsa connessione
neuro cerebrale non è un mito. Le conseguenze, ossia le carenze espressive e
linguistiche, sono lì, a disposizione e a vista di tutti sul foglio di carta,
virtuale o reale che questo sia. Pensare costa fatica. Per questo è stato
inventato il “copia e incolla” e ora, come scorciatoia a ogni operazione
cognitiva, l’intelligenza artificiale.
È la verità. La vita è diventata un insieme di emozioni mancanti. Abbiamo perso. Abbiamo perso il collegamento
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