lunedì 9 ottobre 2023

Il caso Calvino: un intrigo internazionale

Cento anni fa, il 15 ottobre, nasceva Italo Calvino, un anniversario che –per fortuna- in tanti si stanno apprestando a celebrare. Il grande scrittore era figlio di Mario, agronomo e giornalista e di Eva Mameli, botanica, prima tra le donne in Italia a ottenere una cattedra universitaria in questa materia. Al tempo della nascita del loro primogenito erano a Cuba, uno a dirigere una stazione per la coltivazione della canna da zucchero, l’altra per acquisire esperienza nel campo delle piante tropicali. Calvino nasce a Cuba per caso e l’isola caraibica è un luogo di cui non ha ricordi. È sanremese a tutti gli effetti, come gli piaceva sottolineare quando gli si chiedeva dei suoi natali. Chi invece vantava una stretta relazione con l’America Latina era il padre Mario, che approda in Messico nel 1909 su invito dell’ambasciatore messicano in Italia, Joaquín Casasús. A Calvino senior viene offerta la Divisione di orticoltura del Ministero di agricoltura. L’offerta messicana cade a pennello: Mario ha tutto l’interesse di cambiare aria, di sparire. Il suo nome, infatti, è stato associato a un fallito attentato contro l’imperatore russo Nicola II.

Per tutto il 1908, sui giornali europei si parla del “caso Calvino”. Ma cosa è successo? Il 21 febbraio di quell’anno, appare la notizia che lo zar Nicola II e il suo ministro Siceglovilof sono scampati a un attentato. La polizia, prontamente intervenuta, è riuscita ad arrestare i cospiratori, tra cui spicca un giornalista italiano che risponde al nome di Mario Calvino. In Italia la notizia si diffonde rapidamente e si chiede al Ministero dell’Interno di fornire informazioni sul sedicente attentatore. Intanto, la sinistra socialista si mobilita per esprimere solidarietà al compagno arrestato in Russia mentre l’ordine dei Giornalisti cerca di scavare nella carriera del collega. Una settimana dopo, la Corte Marziale russa condanna a morte Calvino, esecuzione che deve avvenire nell’arco di tre giorni. Un appello dei giornalisti italiani viene inviato al Presidente del Consiglio, Giovanni Giolitti, perché intervenga a favore del compatriota. Il 29 febbraio l’ambasciatore italiano riesce a incontrare Calvino in carcere. Si salutano in italiano, ma poi parlano in russo. Calvino mostra il suo passaporto italiano, la qualifica di giornalista e chiede al nostro delegato di fare pressioni perché la sua condanna venga sospesa. Niente da fare: Calvino viene impiccato quella stessa sera assieme ai suoi complici.

Il giorno dopo, però, a Sanremo salta fuori il vero Mario Calvino. Fa l’agronomo di professione, ha 33 anni, l’aspetto mite. Viene subito convocato in questura. Qui, racconta una storia che pare inattendibile: in sostanza, dice di aver incontrato in treno un misterioso e facoltoso russo, mai visto prima, che, durante una chiacchierata l’ha invitato a impiantare una vigna nei suoi terreni. Calvino racconta di aver accettato e quindi di aver richiesto alle autorità il passaporto per poter viaggiare, passaporto che però, in un successivo incontro, il sedicente russo gli ha sottratto.

Il questore non gli crede: “le dichiarazioni del professor Calvino appaiono inverosimili” scrive. Poi, da Berna giunge una soffiata: la comunità russa di questa città afferma che Calvino e altri italiani hanno consegnato spontaneamente i propri passaporti a diversi rivoluzionari. E salta fuori il nome del giustiziato: si chiamava Vsevolod Vladimirovic Lebedintzev e faceva l’astronomo. Il mistero si infittisce e si indaga su Calvino che risulta essere il venerabile maestro della massoneria di Porto Maurizio, parte dell’attuale Imperia. Secondo la polizia “sembrerebbe evidente com’egli si sia fatto rilasciare, or sono due anni, quel documento all’unico scopo di rimetterlo al collega rivoluzionario onde porlo in grado di rientrare in Russia fingendosi di nazionalità italiana. Il ritratto di Mario Calvino che fanno i giornali è ora quello di un socialista e massone dalle simpatie anarchiche. A questo punto l’agronomo, non rimane con le mani in mano. Va diverse volte a Roma dove incontra vari esponenti politici e perfino il Ministro degli Esteri, Tittoni, incaricato di firmare il trattato italo-russo. Cosa si dicano, non si sa. Di certo, Calvino viene a conoscenza delle informative dei servizi segreti sulla sua persona e decide di abbandonare l’Italia accettando la proposta dell’amico messicano. In Messico Calvino ci rimarrà fino al 1917, offrendo anche i suoi servigi alla rivoluzione di Pancho Villa, per poi emigrare a Cuba assieme a Eva Mameli, che aveva sposato durante un suo breve ritorno in Italia.

Italo Calvino manterrà riserbo per lungo tempo sulla figura del padre. Si ha una lontana dichiarazione del 1960 in cui dirà a “Il Paradosso”, rivista di cultura giovanile: “Mio padre, di famiglia mazziniana repubblicana anticlericale massonica, era stato in gioventù anarchico kropotkiniano”. Nessuna parola sullo scandalo, appena un accenno a una vita movimentata. Nel 1960 quella del padre è già una figura lontana che si perde nella distanza sia storica che affettiva.

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