martedì 23 gennaio 2024

Musei a pagamento: la mercificazione della cultura

Inizio settembre, Firenze, coda per il Museo degli Uffizi. Solito caldo cocente, folla in fila. Penso di poter passare davanti per aver comprato il biglietto per internet, invece no, “torni al fondo” mi dice un’usciere non proprio empatica. Mi chiedo a cosa siano serviti i 7 euro di prevendita e penso alla schiacciata che avrei potuto mangiare con quei soldi. A munirsi di pazienza, quindi, e a fare la fila. Questa introduzione serve per dire che per visitare il Museo degli Uffizi ho dovuto pagare 30 euro, moltiplicati per due visto che ero in compagnia di mia moglie: totale 60 euro. Per carità, ben spesi. Ma mi lascia un cattivo gusto perché da sempre ho pensato che i musei dovrebbero essere gratis. Reminiscenze da settantottino? Mica tanto. L’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani recita: ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici”.

Invece, più passano gli anni e più la cultura in generale da un diritto inalienabile si è trasformata in un business. Al museo non si dà un valore culturale, ma un valore monetario. Non si valutano i vantaggi a livello sociale che i musei possono offrire all’educazione del cittadino, ma si mercifica. Qualche mese fa a Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, che aveva sbraitato che i musei dovrebbero essere gratuiti, il ministro Sangiuliano aveva risposto: “la gratuità dei musei deprezza le opere d’arte”. Somma stupidaggine, per la semplice ragione che il ministro vede in un Botticelli o in un Piero della Francesca, non un’opera d’arte, ma un’occasione per fare soldi.

La cultura è educazione. I musei sono il luogo prefisso per insegnare agli Italiani la loro storia, il loro bagaglio culturale, sono l’occasione per farli uscire dal letargo educativo in cui sono sprofondati e metterli a contatto con la loro storia. Il museo è aggregazione, è comunità, è senso di appartenenza. Quei 30 euro per entrarci me li posso permettere, per fortuna, ma rappresentano un ostacolo insormontabile per chi alla cultura vorrebbe avvicinarsi.  

La politica insiste che i musei sono in perdita. La cultura rende 90.000 milioni di euro all’anno, ma anche così i conti sono in rosso. Infatti, ci vorrebbero 140.000 milioni in più. Sorge il dubbio, quindi, che siamo dei pessimi amministratori. A Londra i musei sono gratis, a Madrid lo sono in orario serale. Altri esempi di musei gratuiti: lo Smithsonian di Washington, il Museo d’arte moderna di Parigi, il Getty Center di Los Angeles, il Museo Nazionale di Pechino, il Nicholson di Sydney, lo Statens Museum di Copenhagen, il Kulturhuset di Stoccolma, eccetera. Quello che la politica italiana non vuole ammettere è che la cultura si deve comunque sovvenzionare per la semplice ragione che non è un settore a disposizione di pochi eletti, ma si tratta di un patrimonio comune a tutti gli Italiani.

Abbiamo trasformato la visita al museo in un’esperienza d’elite. Visitare gli Uffizi? Forse, un paio di volte nella vita. Volete visitare il resto dei principali musei di Firenze? Preparate un bel bigliettone da 100 euro a testa. L’opera d’arte, in questa maniera, non diventerà mai familiare, ma resterà un oggetto estraneo, da palcoscenico appunto. Provocatoriamente qualche anno fa lo storico dell’arte Tomaso Montanari aveva dichiarato: “potremmo permetterci di aprire a tutti gratuitamente i musei statali per 365 giorni l’anno semplicemente decidendo di non spendere in armi almeno per due giorni all’anno”.  Potrebbe essere un solido punto di partenza.

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