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venerdì 2 ottobre 2020

Il gallo pinto, una colazione da campioni

Il gallo pinto è forse il più famoso dei piatti tradizionali del Centroamerica. La combinazione è semplice e riguarda l’unione dei due alimenti principe (oltre al mais) della dieta centroamericana, i fagioli e il riso, i primi originari dell’attuale Messico, il secondo importato dagli Spagnoli durante la dominazione. È un piatto che si consuma a colazione ed è diffuso soprattutto in Costa Rica e Nicaragua, dove è accesa la contesa per definire a quale paese spetti la ricetta originale. La differenza che salta subito alla vista e al gusto è che il gallo pinto tico si prepara con il fagiolo nero, mentre quello nicaraguense con quello rosso. Non solo. In Costa Rica un buon pinto deve essere condito con la salsa Lizano, un prodotto locale simile alla Worchestershire sauce, elaborato per la prima volta circa un secolo fa e che mano a mano è diventato popolare sulle tavole costaricensi.

È un piatto da colazione e robusto, visto che generalmente viene completato da altri alimenti: uova soprattutto e poi avocado, formaggio fritto, salciccia, panna acida (natilla), banane fritte. Una variante interessante è quella servita sulla costa atlantica, il rice and beans di origine caraibica. In questo caso il riso e i fagioli si cuociono nel latte di cocco, con una buona dose di peperoncino habanero. La ricetta è abbastanza semplice. Preparate un soffritto a base di cipolla tritata, peperoni a pezzettini e, se volete, aglio. Al soffritto aggiungete il riso e i fagioli che avrete avuto cura di preparare il giorno prima e lasciate cuocere per pochi minuti –da 3 a 5- aggiungendo mano a mano nella padella l’acqua dei fagioli. Alla fine, adornate con coriandolo e mettete in tavola. Solitamente le massaie locali ne preparano dosi industriali: il gallo pinto riscaldato serve infatti anche a pranzo e a cena e, a volte, soprattutto nelle tavole dove scarseggia la varietà, può durare la settimana intera.

Nella foto, il gallo pinto servito sulla nostra tavola, come ogni sabato mattina.

In musica: “Frijolero”, Molotov, 2003: https://www.youtube.com/watch?v=8iJMOBcPQyg

sabato 26 settembre 2020

Banane fritte a pranzo o colazione

Si possono friggere le banane? Certo e, se ben caramellizzate, possono avere un ottimo sapore. A colazione o a pranzo, possono rappresentare una veloce alternativa per un piatto da servire in dieci minuti.

La banana in America latina prende diversi nomi: guineo, cambur, plátano, banano, gualele. In alcuni Paesi la sua coltivazione rappresenta ancora oggi il motore dell’economia: Ecuador (il più grande esportatore al mondo), Guatemala, Colombia, Costa Rica e Honduras sono nell’ordine i principali produttori dell’area latinoamericana. Prodotto polemico, non dimentichiamolo, per la sua diffusione ha scatenato conflitti, repressioni e tragedie ambientali. Ne ho scritto in passato (un capitolo del mio libro “Centroamerica reportages” è dedicato proprio al Nemagon, il pesticida usato dalle bananeras che ha reso sterili migliaia di persone) denunciando drammatiche situazioni che, alla fine, non hanno trovato soddisfazione.

L’albero di banana che cresce al fondo del mio giardino è spontaneo, segue le regole e i tempi della natura. Le banane si raccolgono quando sono mature (come si vede nella foto); quindi si pelano e si tagliano in verticale. A parte scaldiamo l’olio in una padella e, una volta a temperatura, vi immergiamo le fettine delle banane. Bisogna fare attenzione perché si cucinano velocemente e quindi dobbiamo girarle per evitare che si brucino. Quando sono pronte (ossia quando hanno acquisito un bel colore dorato), le adagiamo su un piatto con carta assorbente da cucina per assorbire l’eccesso di olio. 

Una volta finita questa operazione, le banane sono da servire. A colazione o durante i pasti, non fa differenza. Una variante saporita è quella di aggiungere formaggio grattugiato (feta o varianti locali) e lasciarlo sciogliere sopra le banane appena ritirate dalla padella. La ricetta è facilissima e rapida, come dicevo in tutto una decina di minuti o poco più. In futuro vi parlerò di un’altra delizia fritta a base di banana, il patacón.

Un mio articolo sul Nemagon, che si trova ancora sul web, pubblicato originalmente su Peace Reporter: http://www.paxchristi.it/?p=3040

venerdì 18 settembre 2020

Il rocoto, il peperoncino del diavolo

Si chiama capsicum pubescens ma è conosciuto come rocoto, una derivazione del quechua rukutu. È un peperoncino e, soprattutto, è uno degli ingredienti principali della cucina peruviana e della gastronomia andina in generale. Nella scala Scoville, che determina il grado piccante dei peperoncini, si trova ad un grado medio alto, appena più in basso dell’habanero e simile al peperoncino giamaicano. Dalla forma simile a quella del pomodoro, resenta, ovviamente, i classici colori dei capsicum: rosso, verde, giallo.

Originario di Ica, città a 300 chilometri da Lima in direzione sud, ha una storia antica. Era usato infatti già dalle popolazioni autoctone e se ne sono stati trovati resti in tombe risalenti a duemila anni fa. Come lo usiamo? Principalmente tagliato a fettine nel ceviche o in altri piatti tipici della tavola peruviana, soprattutto nelle zuppe. A Arequipa, addirittura, lo servono come piatto unico: il rocoto ripieno, più o meno come noi facciamo i peperoni ripieni (nel farcirlo i vari ingredienti possono variare, ma la carne macinata e la cipolla tritata sono immancabili). La differenza con il peperone sta nel piccante. Si dice che questo piatto venne inventato all’inizio del XIX secolo quando Manuel Masías, un sacerdote, volle fare un patto con il diavolo per riottenere l’anima della figlia morta. Doveva presentare un piatto che soddisfacesse il palato di Satana e quindi ideò il rocoto ripieno (soprassediamo sul fatto che il curato avesse una figlia).

Nella cucina di casa ne facciamo un uso costante. Ogni piatto di pesce alla “macho” deve avere la sua buona porzione di rocoto, che serve a condimentare il caldo, ossia il sugo con cui cuciniamo e poi serviamo il pesce. Naturalmente è ingrediente immancabile del ceviche. Questo piatto principe della cucina peruviana viene servito con toni piccanti: se lo volete moderatamente forte chiedetelo con l’aji, un peperoncino nobile e dal sapore delicato, ma se volete provare emozioni intense, allora lasciate spazio al rocoto. Di lui, inoltre, si dice assai bene: protegge da ulcere e gastriti e la capsaicina, di cui è ricco, stimola la segregazione di succhi gastrici. Gli Inca, che ben lo conoscevano, lo usavano come antinfiammatorio.

venerdì 11 settembre 2020

Tamales caldi per colazione

 

“Hot tamales and they’re and hot” cantava Robert Johnson, magnificando il cibo mesoamericano per eccellenza. La prima testimonianza che ne abbiamo risale a cento anni prima di Cristo, un particolare ben distinguibile su uno dei murales di San Bartolo nella regione del Petén guatemalteco. Simbolo di vita, il tamal è strettamente vincolato alla divinità: il mais, di cui è composto l’impasto, è l’alimento su cui si basa l’intera società maya.

Il tamal è ancora oggi uno degli alimenti principali della dieta di buona parte del continente americano. Può variare nella forma e in alcuni ingredienti a seconda della cultura, particolare che, quindi, influisce anche sul sapore. In casa, per esempio, mia moglie cucina humitas, una variante peruviana a base di mais macinato e messo a bollire nella foglia dello stesso granturco. Il risultato è distinto. Torniamo al tamal mesoamericano. Una volta ottenuto l’impasto, questo viene ripieno di carne (pollo o maiale), carote, piselli, riso, peperoni. In casa li si compra già fatti, in quanto la preparazione è lunga (c’è da cucinare il mais e gli altri ingredienti a parte). Per tradizione vengono venduti in coppia (la piña).


 

Bollito (almeno trenta minuti) e servito all’interno della foglia del banano, il tamal è un classico per la colazione di fine settimana. Lo serviamo con avocado (aguacate), formaggio fritto, salchichón, a cui aggiungiamo anche la cipolla rossa il cui sugo bene si impregna nell’impasto. Usiamo questo accorgimento perché al palato europeo il tamal può risultare un poco insipido. In Costa Rica, per esempio, i ticos sono soliti accompagnarlo con la salsa Lizano (simile alla worchestershire) proprio per dargli un gusto più saporito. Per colazione, comunque, è una bomba!

 

In musica: “They’re red and hot”, Robert Johnson.


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