mercoledì 7 luglio 2021

Dalle stalle alle stelle, la musica porta Branson nello spazio

Dalle stalle alle stelle. È proprio il caso di dirlo, nell’osservare Richard Branson annunciare alla stampa che tra una manciata di giorni (l’11 luglio, probabilmente) la sua Virgin Galactic volerà nello spazio bruciando sul tempo l’altro concorrente, Bezos. Le stalle perché Branson ha dato vita alla sua fortuna cominciando da uno studio discografico, The Manor, una fatiscente costruzione nella campagna di Oxford dove le stalle certo non mancavano. Chi c’era negli anni Settanta, sa che la Virgin Records e il suo studio, le prime creature di Branson, erano sinonimo di qualità, con produzioni ricercate, complesse, perfino maniacali (Henry Cow, If, Magma, Kevin Coyne, Strawbs e soprattutto Robert Wyatt).

Eppure Branson, sempre pragmatico sin dagli esordi, non aveva alcun interesse nella qualità della musica. Non era un fanatico di rock, seguiva semplicemente l’onda e il suo innato senso per gli affari. Virgin Records (nome scelto per indicare la sua genuina incompetenza) nacque in quella maniera, con i talentuosi Simon Draper e Nik Powell ad interessarsi della musica, mentre Branson pensava alla cassa. I direttori artistici propendono sul progressive e l’etichetta fa subito il botto pubblicando “Tubular Bells” di Mike Oldfield, che anche i meno avvezzi ricordano come la colonna sonora dell’”Esorcista”. Il disco, una suite di quasi 50 minuti -per certe parti una vera pizza-, esce alla fine del maggio 1973, ma solo nel dicembre successivo, quando il film si presenta nelle sale, si trasforma in un tormentone (e per qualcuno anche in un’ossessione). Alcune parti di “Tubular Bells” accompagnano infatti i momenti più truculenti del film e, con il tempo il disco grazie a questo connubio, raggiunge l’incredibile cifra di 15 milioni di copie vendute. Per la neonata Island Records è una pacchia, per Branson –che ha solo 23 anni- è la piattaforma verso il successo imprenditoriale. Intanto, Draper e Powell, fissati con il prog, reclutano Tangerine Dream, Faust e Gong ma le mode cambiano in fretta e a Branson interessa fare soldi, molti soldi, e in poco tempo. È il ’77 e con il punk mette sotto contratto i Sex Pistols cacciati dalla Emi e pubblica l’iconico “Never Mind the Bollocks”, il brutale unico album di Rotten e compagni. Nel 1979 apre il primo megastore e poi via con la new wave, con cui la Virgin inanella una serie di successi da milioni di copie (“Do You Really Want to Hurt Me?” e “Karma Chameleon” di Boy George, “Don’t You Want Me” degli Human League), ricicla Phil Collins dai Genesis e recluta altri artisti da milioni di copie (XTC, Simple Minds, Paula Abdul, Thomas Dolby). Branson comincia a guardare al cielo inaugurando la Virgin Airlines, ma nel frattempo non perde il vizio della musica e nel 1996 presenta al mondo le Spice Girls. 

Come un camaleonte, si adatta alle mode ma soprattutto, pur non abbandonando il settore musicale, fagocita ogni settore dove intravede la possibilità di incrementare il proprio patrimonio: alberghiero, alimentare, editoriale, turistico, finanziario. E l’astronautica, naturalmente. Virgin Galactic nasce nel 2004 e tra pochi giorni farà il suo primo viaggio a novanta chilometri dalla Terra. La Unity 22 avrà a bordo un equipaggio di sei persone, tra cui l’astronauta con codice 001, quello che non sapeva niente di musica ma che ha usato la musica come trampolino per le stelle: Richard Branson.   

 

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